Incontri con le resistenze giovanili nella “democrazia limitata” di Putin.
Intervento di Maldestra pubblicato su U-topia.
Nell’evolversi della crisi, nell’inesorabile spostamento a est del baricentro planetario, in Russia sta emergendo un modello politico autoritario, che attraverso il progressivo restringimento delle libertà della cittadinanza sta traghettando il paese fuori dalla palude post-sovietica dei primi anni ’90, in una posizione di riguardo tra i BRIC, i quattro paesi (Brasile, Russia, India e Cina) che al momento se la passano decisamente meglio.
Questo modello per alcuni aspetti affonda saldamente le sue radici nella tradizione autoritaria degli ultimissimi lustri di potere del PCUS e del KGB, ma per altri si sostanzia in fenomeni attualissimi come la frammentazione sociale, il disimpegno dalla politica e il disinteresse generalizzato verso il bene collettivo.
Il modello ha un nome, candidamente coniato dal suo stesso promotore: democrazia “limitata”.
La “democrazia limitata” è un sistema che pur mantenendo in piedi tutta l’impalcatura formale delle istituzioni post sovietiche (Parlamento, cariche, divisione dei poteri), nei fatti ha concentrato quasi ogni aspetto della vita civile, economica e politica russa nelle mani dell’uomo forte di Mosca, Vladimir Putin.
Secondo Marya, attivista del SOVA Centre, ONG che monitora il nazionalismo radicale, producendo autonomamente le sue statistiche e degli autorevoli rapporti annuali: “Non ci sono analisi, non c’è spazio pubblico per discuterne, non ci sono elezioni a nessun livello. Alcuni media, che dovrebbero essere abbastanza indipendenti per approcciare questi argomenti, vengono ignorati, o perseguiti. A volte, per lo più, vengono più ignorati che perseguitati…la società, il mondo non se ne occupa“. Ed in effetti è questo il succo della democrazia limitata: un ordinamento politico inedito che si articola intorno alle ansie securitarie e alla nostalgia di grandeur. Una vera e propria “imitazione” della democrazia.
L’omicidio di Anna Politovskaja, la sua trasformazione in icona dell’opinione pubblica democratica e la diffusione dei suoi reportage, hanno permesso di aprire squarci sulla complessa realtà Russa anche nel nostro paese, dando risonanza alle decine di casi che ogni anno si ripetono nell’immensità delle contraddizioni che questo paese vive. Dalla ricca e cosmopolita Mosca fino al più sperduto avamposto estrattivo dell’oriente asiatico. Intimidazioni, aggressioni fisiche, rapimenti e omicidi che quasi sempre coinvolgono giornalisti impegnati in inchieste sugli aspetti più torbidi della guerra al terrorismo che regola la vita politica russa degli ultimi 20 anni, o sulle evidenti forzature che vengono compiute per rimettere mano alle ormai degradate infrastrutture industriali ed energetiche del paese. Quasi sempre a scapito della cittadinanza e delle risorse ambientali.
Quello della guerra al terrorismo e della ristrutturazione produttiva sono due pilastri su cui si fonda la democrazia limitata. Ne costituiscono ragione di essere e terreno di applicazione, mobilitano il consenso (o meglio, lo “disimpegnano”: i Russi hanno di fatto consegnato un assegno politico in bianco al “neozar”) e ne giustificano la pratica.
Anche la violenza neonazista e identitaria, ormai esplorata, filmata e fotografata in tutti i suoi aspetti più folkloristici come in quelli più crudi, è divenuta per le anime democratiche dell’occidente uno degli aspetti più noti della Russia contemporanea, lasciando però ai margini la riflessione sulle sue origini e sulla sua articolazione, su quanto c’è di comune con l’estrema destra occidentale, e quanto è invece fenomeno originale, irripetibile se non nelle condizioni storiche e sociali di questo paese. Prosegue Marya: “L’idea più diffusa al momento è il nazionalismo. Morbido o radicale, è piuttosto popolare. Lo dimostrano i sondaggi sociologici. oltre il 60% penso, oltre il 55% dei russi, è d’accordo con lo slogan “Russia ai Russi”. Non sono tutti neonazi, solo una minima parte di loro darebbe corpo a questo slogan, ma gli altri sono d’accordo, senza dubbio. I movimenti che attualmente possono ricevere supporto, che sono più popolari e potenti, sono nazionalisti.”
Ai margini dei molti reportage e documentari sul neonazismo russo, rimane spesso anche il rapporto con il potere, assolvendo in parte Putin dalle sue evidenti responsabilità. Nell’inverno 2010, dopo l’assassinio per questioni apparentemente estranee alla politica e per mano di un gruppo di ceceni, di uno dei leader riconosciuti della curva dei fan della squadra dello Spartak Mosca, molto nazionalista, si scatenano veri e propri pogrom anticaucasici. La virulenza delle manifestazioni e degli atti di squadrismo ha costretto la polizia moscovita ad attuare un serio giro di vite sulle bande neonaziste, ma nonostante ciò i media e la politica hanno cavalcato l’evento: “La legittimazione di idee nazionaliste o il supporto dato ad atteggiamenti nazionalisti come a dicembre quando ci sono stati disordini quando un supporter dello Spartak Mosca è stato ucciso. Mr. Putin si è fatto vedere al funerale di questo tifoso, questa cosa è stata vista da tutta la società come un segno di supporto. Voglio dire, non è buono che questo ragazzo sia stato ucciso, e non è così male che il Primo Ministro partecipi ai funerali. Ma nessun Primo Ministro ha mai partecipato a funerali di attivisti dei diritti umani uccisi, a vittime di odio razziali accoltellati a morte. Non è mai e poi mai accaduto”
Continua però a mancare un pezzo. Cosa è rimasto della cultura socialista, della solidarietà internazionalista? Possibile che sia stata solo tradotta in revanchismo nostalgico dai nazionalisti e dal partito di Putin “Russia Unita”? E ancora, è possibile definirsi comunisti o antifascisti in chiave autonoma, in un paese che ha avuto questi elementi alla base dell’ideologia di stato, e che con questi termini ha sì mobilitato le speranze di emancipazione di milioni di persone, ma anche giustificato autocrazia, repressione e campagne militari?
Sia i media ufficiali che i libri della Politovskaja ci illustrano un’opposizione “democratica”, costituita da parte dell’intelligentsija, da personaggi autorevoli, spesso brutalmente repressi nelle sporadiche iniziative di piazza. Un’opposizione che in parlamento ha i suoi rappresentanti nello schieramento tradizionalmente “di destra”: liberale e liberista. Una delle più pesanti eredità dell’epoca sovietica è infatti un partito “comunista” conservatore e anche un po’ cialtrone guidato da un personaggio assai controverso, Ghennadi Zjuganov, e sostenuto per lo più da anziani, ridotti letteralmente alla fame da 20 anni di economia di mercato.
Del rapporto con la vecchia cultura politica socialista abbiamo parlato con Vladimir, mediattivista libertario poco più che ventenne, animatore di Burevestnik, web tv di movimento, e di un infoshop nel quartiere di Taganskaja, a Mosca: “Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, questa cosiddetta sinistra, così come l’immagine della sinistra adesso, è completamente disgustosa per la maggior parte della gente. Per la propaganda di governo, la maggior parte delle persone la associa con la repressione sovietica, l’economia pianificata. Oggi abbiamo alcuni gruppi marxisti ortodossi o trockisti, ma sono veramente pochi, 10-15 persone per ogni realtà: ci sono 2 trockisti che fanno un’organizzazione, altri 3 che se ne separano per questioni ideologiche. C’è una storiella che mi raccontava un giornalista di sinistra: a Yaroslavl c’è un trockista, a cui hanno chiesto: cosa ti aspetti per i prossimi 10 anni? e lui ha risposto -che ci siano 100 di noi-. bene, ora sono 10, e lui per i prossimi 10 anni spera di diventare 100. Penso che questo discorso sia molto stupido. Questi gruppi così ortodossi non ricevono alcun supporto dalla popolazione, ma questo è il problema di tutte le forze politiche organizzate qui. Governative e non governative, perchè c’è un’estrema apatia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Le persone erano molto attive nei primi anni ’90, parliamo di iniziative politiche, ma dopo il 1993, quando Boris Eltsin fece il suo discorso dai carri armati davanti al Parlamento, alla Casa Bianca, la gente ha semplicemente perso fiducia nella democrazia. La gente credeva nella democrazia, ma dopo quell’evento, ha smesso di credere in qualsiasi cosa. Le nuove generazioni non sanno nulla dell’Unione Sovietica, delle esperienze passate, del 1993, non erano nemmeno nati quando Eltsin era al potere. Molte di queste persone sono interessate all’ortodossia marxista, all’anarchia, ma la scena politica è ancora molto molto giovane. Il partito comunista che abbiamo ora al parlamento non è per nulla comunista. Si rappresenta così, ma non vuole metterlo in pratica. Si chiamano ancora KPRF, ma il loro programma è un misto di stalinismo, marxismo, clericalismo…tutto il peggio che puoi trovare in politica. Sfortunatamente hanno il marchio della sinistra, si definiscono di sinistra, ma non lo sono”
Da questo quadro rimane ancora fuori il fenomeno più interessante: giovani e giovanissimi che si riconoscono nelle sottoculture urbane, che cercano di animare con autoproduzioni e concerti i quattro lontanissimi angoli del paese. La Russia è ancora al di fuori delle rotte del backpacking dei giovani mediterranei, così come per molti giovani Russi l’Europa si restinge con l’allargamento della Fortezza UE: le politiche migratorie comunitarie rendono infatti difficile reperire anche un visto turistico. Ma una volta aperto il canale, si scopre che esiste una florida scena punk in rete tra Minsk e Mosca, che Petrosavolsk, città universitaria prossima al circolo polare, è un roccaforte dell’antifascismo, che centinaia di ultras da tutta l’ex URSS viaggiano spesso in Ucraina per seguire la squadra di calcio con il maggior seguito di antifascisti, l’Arsenal Kiev: un impegno che spesso richiede vari giorni di viaggio sui treni regionali.
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Il movimento antifascista, definizione che tiene dentro tutte le articolazioni di questa piccola composita, ma soprattutto giovane realtà, rappresenta una delle più interessanti novità nel panorma globale, perchè ha in sé le tante contraddizioni della società post-sovietica, perchè è in massima parte composto di giovanissimi, adolescenti e poco più, perchè ha dalla sua una grande combattività.
Le origini del movimento sono estremamente recenti. I primi barlumi di pensiero autonomo, libertario, da quando Stalin fece piazza pulita dell’opposizione interna, hanno ripreso a svilupparsi solo alla fine degli anni 80, inizialmente sotto forma di opinione ed elaborazione teorica ed ideologica. Solo successivamente, e in maniera completamente indipendente, si è iniziato ad articolare una nuova scena, che sta lentamente elaborando una propria identità. Racconta ancora Vladimir: “In breve, un sacco di gente delle generazioni più giovani, attiva nel movimento anarchico viene dal movimento antifascista, e il movimento antifascista è inziato all’inizio dei 2000, da una tradizione di resistenza ai nazi. Ma era un nucleo sub-culturale, poca gente che frequentava i concerti punk che era a disagio quando c’era qualche skinhead nazi, cose così, quindi decisero di creare un gruppo per difendere gli spazi, i concerti dai nazi. Poi sempre più gente è stata coinvolta, ma hanno sempre fatto solo concerti, diffuso pubblicazioni antifa, e per il resto non facevano nulla. Non prendevano parte a nessuna lotta sociale in Russia in quegli anni. Ma non era solo questione di picchiarsi, la gente iniziava ad usare i coltelli, armi da fuoco, ci sono stati morti, la gente è stata ammazzata per il proprio stile di vita, non per motivazioni politiche. Il movimento antifa è cresciuto, ma non era per niente una questione sociale. Nel 2006-2007, quando alcuni antifa sono stati ammazzati dai nazi la gente ha iniziato a capire che era possibile fare lo stesso. prendere coltelli, pistole e ammazzare i nazisti, i loro capi, il clima era teso. Alcune persone si sono ritrovate nella scena anarchica e radicale. Molti di loro hanno inziato a leggere, come i miei amici, hanno inziato a leggere Erich Fromm, autori della scuola di Francoforte, Markuse, roba così. Alcune persone hanno iniziato a realizzare che questa lotta si stava “normalizzando”, picchiavi i nazi, ma poi c’erano altri nazi… Sfortunatamente la tradizione della sinistra radicale è stata tagliata durante l’epoca di Stalin, per questo c’è un buco nero di 60 anni. Quando Stalin è salito al potere ha distrutto gli anarchici e i bolscevichi che si opponevano a lui. Dopodichè è arrivata questa epoca repressiva del cosiddetto stato socialista, dell’economia pianificata e dell’enorme macchina propagandistica, e ancora dobbiamo lottare per ripulire l’immagine di questa cosiddetta sinistra dalla esperienza sovietica”.
Marya parte dalla sua formazione personale a San Pietroburgo, considerata la metropoli più vivace della Russia attuale, dove effettivamente è più evidente la presenza di una florida scena alternativa: “All’inizio c’era solo uno skin a Mosca e un paio a San Pietroburgo. Non facevamo parte di sottoculture, c’era una rivista, fatta da accademici, era una rivista antifascista, molto noiosa sulle radici storiche del fascismo, e poco interessata alla situazione attuale. Il movimento è cresciuto sull’informalità, più tardi gente più giovane iniziò a venire, a partecipare alle manifestazioni, a volte vestita come skin, cantando cori, nel 2000-2001. Un movimento più giovane è cresciuto senza che nemmeno capissimo il perchè“.
Anche fare i conti con l’ideologia antifascista “ufficiale”, che intorno alla Grande Guerra Patriottica (come viene definita la Seconda Guerra Mondiale in Russia) ha costruito un immaginario più che altro di tipo nazionalista, non è stato semplice. Se dalle nostre parti Stalingrado è essenzialmente un’icona della lotta contro il fascismo, da queste parti è un mito fondativo della cultura militarista e chauvinista. Secondo la lettura ufficiale, prima che il Nazismo, la Russia ha sconfitto la Germania, quindi una storica rivale nell’egemonia sull’Europa centro-orientale. Gli attivisti antifascisti ricordano spesso che l’8 maggio, data di commemorazione della vittoria, festa nazionale, è anche uno dei giorni in cui si consumano più aggressioni xenofobe. Paradossi della modernità.
I giovani antifascisti devono quindi cercare riferimenti altrove, nella lunga storia del dissenso russo e sovietico. Marya la prende alla lontana, e parte dai Decabristi (organizzatori della rivolta costituzionalista del 1825) arrivando alla dissidenza sovietica: “Nel XIX secolo c’è stato uno scrittore, Korolenko, che ha protetto gli ebrei durante i pogrom nella Russia zarista, o nella Russia sovietica uno dei più grandi autori di lingua russa del ‘900, il suo nome è Jurij Dombrovskij, ha passato del tempo nei campi di Stalin, e non era semplicemente anticomunista, antitotalitarista o antistalinista. Aveva capito molte cose, ha scritto un racconto: “La scimmia è venuta a prendere il suo scalpo” (N.d.t)), su un paese immaginario dopo la Seconda Guerra Mondiale, un paese europeo senza nome, un paese che ha attraversato la guerra e che era alleata dei nazisti durante la guerra. La gente, i giovani, tentano di fare i conti con il passato, e gli anziani, i responsabili, tentano solo di vivere tranquillamente e reagiscono al tentativo dei giovani di metterli sotto accusa. Penso che abbia un grande significato. Riferimenti stranieri vengono dalla resistenza francese, e in una visione romantica dalle rivoluzioni latino americane. Nell’Unione Sovietica molte persone erano insofferenti, anche se forse non furono mai realmente dissidenti. Molti odiavano lo stato. Ma il movimento socialista e comunista latino americano avevano questa aura romantica. I miei genitori avevano contatti con l’Ecuador, ho sempre avuto questa visione idealistica da bambina, per cui Victor Jara era un eroe“.
Le influenze libertarie sono evidenti e marcate. Da una parte il legame con forme di espressione controculturali, dall’altra le difficoltà a riconoscersi come soggettività di sinistra con la pesante tradizione sovietica alle spalle, hanno avvicinato i più giovani all’immaginario anarchico. Kostya è uno dei redattori della rivista Avtonom, del sito e del collettivo omonimi. Rappresentano un esperimento ormai più che decennale di creare in Russia un collettivo vicino per contenuti, pratiche ed immaginario ai movimenti autonomi europei degli anni ’90:”Avtonom come giornale è stato lanciato nel 1995 a Krasnodar, una regione molto conservatrice a sud, ma dove erano anche presenti elementi controculturali, la prima uscita era un unico foglio A4, e fu lanciato in un periodo di radicalizzazione durante la prima guerra cecena, era fatto da alcuni giovani di cui uno aveva anche studiato all’accademia militare, si era politicizzato mgià durante l’epoca sovietica. Organizzarono prima una federazione anarchica nella regione del Kuban’, e alla fine degli anni 90 la fecero diventare un progetto nazionale. C’era un gruppo in Bielorussia, ma si è sciolto e ora molti membri sono in carcere, altri in Armenia, ma sono stati anche loro repressi duramente. Altri sono in Ucraina, e persone anche in Kazakhistan. Ma la maggior parte dei gruppi erano in Russia. Facevano molti sforzi per portare avanti progetti di comunicazione, per anni sono stati arrivati ad essere almeno un centinaio di persone. La differenza è che prima c’erano 3 federazioni anarchiche regionali, alcune anarco-sindacaliste, alcune ecologiste. Durante il periodo della Perestroijka c’era una grande confederazione degli anarcosindacalisti che viene citata anche nei libri di storia, perchè è stata un’organizzazione importante degli ultimi anni dell’era sovietica. Ma quello che ci differenzia sono le pratiche di azioni, non siamo un’organizzazione clandestina, non facciamo azioni estremamente illegali, ma facciamo molte iniziative per strada, manifestazioni, pubblicizzandole anche se non siamo molti, perchè pensiamo che bisogna essere presenti. Non ci basta pubblicare cose o fare analisi o discutere solo al nostro interno di alternative, siamo un’ organizzazione di attivisti”.
Secondo Vladimir ci sono state evoluzioni all’interno della cultura di Movimento. Specialmente tra la vecchia generazione di dissidenza libertaria e i nuovi attivisti, che stanno lentamente aprendosi alla letteratura alternativa e antagonista dell’occidente. Ovviamente pesano spesso le scelte del mercato letterario, che difficilmente mette a disposizione risorse per la traduzione e la distribuzione di queste opere: non è raro che questo gap venga quindi colmato dalle autoproduzioni e dallo sforzo volontario dei militanti:”Ci sono differenze tra il vecchio movimento anarchico e le nuove generazioni. tra quelli attivi alla fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Erano anarchici che venivano dalle università, erano per lo più storici o giornalisti e molti di loro sono anarchici ortodossi, preferiscono leggere Bakhunin, Kropotkin, e sfortunatamente la maggior parte di loro sono concetrati sul XIX secolo, conoscono bene la storia del movimento anarchico, conoscono bene la storia della guerra civile spagnola, ma sfortunatamente sono fermi in quella fase. Le generazioni più giovani hanno bisogno di trovare soluzioni da presentare alle persone, contro il capitalismo del XXI secolo. Penso che le nuove generazioni ora leggano Hakim Bey, John Zerzan, che siano interessate alla critica anticivilizzazione, alla resistenza ecologista, molte persone sono interessate alla critica insurrezionalista, leggono Alfredo Bonanno, e stanno traducendo pamphlet dalla Grecia, ci sono molti gruppi in Grecia. Molti sono influenzati dal movimento autonomo dell’Europa Occidentale degli anni ’70“. Marya: “Ogni gruppo ha radici in momenti differenti del nostro passato. Il nostro gruppo era radicato nella dissidenza sovietica. Altri, che sono apparsi dopo, non saprei…naturalmente gli antifascisti occidentali, specialmente gli aspetti underground, la cultura skinhead, le culture alternative occidentali. Loro forse diranno Kropotkin“.
Kostya ci spiega anche come le vie tortuose dell’immaginario riescano anche a dribblare la propaganda: “Non tanto nella storia recente, ma nell’ex Unione Sovietica la gente non capiva realmente cosa fosse un anarchico, a causa dei film sovietici. C’erano personaggi come Makno o “il marinaio ubriaco”, ma erano solo caricature, un alcolizzato o un bandito. La propaganda sovietica doveva dimostrare che non era un’alternativa, che avevamo bisogno di disciplina, del partito o della dittatura del proletariato. Ma naturalmente tra le persone erano figure popolari, contro l’establishment, contro il sistema sovietico, contro il denaro, la monarchia. era una buona prospettiva, perchè non c’erano altri spazi per mostrare un’alternativa allo stalinismo e al capitalismo”
Dall’Iran del 2009 alla Primavera Araba, passando per le piazze occidentali, si sono versati fiumi di parole sulla centralità della comunicazione per i nuovi movimenti sociali e alternativi. Che in Russia la questione dell’informazione libera ed indipendente sia piuttosto delicata è ormai noto anche all’opinione pubblica globale. Tra gli attivisti circolano alcune pubblicazioni cartacee “Il più famoso giornale è chiamato Avtonom, ed è fatto dal collettivo dell’ Autonomous Action Movement, un’organizzazione “anarco-comunista”, pubblicano dal 1995. All’inizio era una punk-zine, poi era diventata una newsletter anarchica. penso sia l’unica rivista che viene pubblicata regolarmente. Pubblicano anche una newsletter chiamata “La situazione”, una piccola pubblicazione. Recentemente hanno pubblicato un numero sui supermarket e sui lavoratori di questi posti, su come organizzare uno sciopero e difendere i propri diritti. Di solito la newsletter viene pubblicata per eventi particolari come il Primo Maggio, e a volte la pubblicano come un manuale per organizzare e diffondere informazioni per una resistenza organizzata sui posti di lavoro, e cose del genere…al momento non penso ci sia necessità per molti collettivi di avere un proprio giornale, perchè internet si sta diffondendo, quindi è più semplice avere un blog”.
L’esplosione dei social network e della comunicazione istantanea del web 2.0 sono un fenomeno assolutamente attuale anche in Russia, dove tra l’altro esiste anche una piattaforma locale, V-Contact che raccoglie milioni di utenti e che permette, a differenza dei più comuni Facebook e Myspace, lo scambio p2p di materiale digitale. Gli attivisti non ignorano queste potenzialità, tanto più che i vastissimi spazi del paese rendono la rete ancora più funzionale alla diffusione di contenuti e immaginario. Kostya ci ha aiutato a delineare la questione: “Penso che internet è diventato più accessibile negli ultimi 7 anni. E ora naturalmente aumentano le risorse del web e negli ultimi 2 anni la gente si è orientata ai social networks, ed è un processo che dobbiamo agire in maniera più concreta, perchè la gente ora raccoglie la maggior parte di notizie “radicali” non più da tradizionali siti web ma da social networks, ma non li stiamo usando in maniera concreta. Ma i giornali sono ancora importanti. La genta ancora vuole i giornali ma non ti mandano i soldi per posta. In russia il sistema postale è abbastanza inaffidabile. Proviamo ancora a mantenere la pubblicazione perchè su internet penso che la gente legga quello che vuole leggere. Per raggiungere le persone devi usare altri metodi”. Cerchiamo di costruire una mappa delle risorse web del Movimento: “C’è un’indymedia russa, ma si stanno sviluppando velocemente anche i social network, in particolare v-contact, uguale a facebook, ma è solo russo. Ha solo l’idea di facebook. Penso che la maggior parte delle persone raccolga informazioni attraverso quel social network, ma io preferisco usare indymedia, come sito sul quale posso discutere un sacco di cose: strategia, movimento…abbiamo anche www.antifa.ru, che possiamo chiamare lo spazio web “centralizzato” del movimento antifascista, dove puoi leggere un sacco di notizie. Di recente è nato anche www.inter.antifa.ru, in cui cerchiamo di tradurre articoli sul movimento antifascista e anarchico per un pubblico più vasto, in cui puoi trovare articoli in inglese, spagnolo, tedesco, e perfino in italiano. Abbiamo anche un paio di risorse relative a organizzazioni locali anarchiche, sono abbastanza pochi, abbiamo anche un sito chiamato www.blackblog.info. Più che altro ci sono informazioni sulle azioni dirette, penso che questa sia tutta l’infrastruttura web che abbiamo”.
Per quanto l’immagine della Russia che ci viene proiettata sia quella di una sorta di Terzo Reich postmoderno, il paese attraversa una fase assai complessa. La società russa, e in particolare le metropoli come Mosca rappresentano un universo multi-kulti vivace e attrattivo per il resto del paese. Le tensioni xenofobe e nazionaliste sono difficilmente incanalabili in una lettura ideologica puramente “razzista”, e sarebbero difficilmente immaginabili senza la condizione di belligeranza quasi permanente dell’area caucasica, o decontestualizzate dalla depressione economica e civile degli anni ’90. Putin sta consolidando il suo potere come un vero e proprio autocrate, in un contesto geopolitico particolarmente teso in cui la Russia gioca la parte del polo di attrazione per tutte quelle forze politiche che nelle repubbliche ex-sovietiche agitano la questione del benessere perduto. Quello che sta nascendo è un movimento che sta cercando di strutturarsi a partire dalla formulazione di un nuova proposta di alternativa, questione che condivide con esperienze sociali più consolidate, a partire dalla stessa Europa occidentale: “Abbiamo avuto molte discussioni su come partecipare a movimenti sociali, magari senza ripetere gli errori degli attivisti europei. Discutiamo sui movimenti contro la globalizzazione, che non sono andati molto lontano, perchè hanno ritualizzato il processo, durante i summit, per molti attivisti sembra uno spettacolo, con qualcuno che sfascia le vetrine, qualcuno che urla slogan, i media che dicono che sono solo hooligans, nessuno recepisce il messaggio, e le persone ripetono gli stessi errori durante questi grandi eventi. Sulla cultura antagonista, l’Europa è un’altra cosa, in Germania puoi avere un sindaco comunista, che ti autorizza ad occupare una casa, in altri paesi è più facile occupare spazi autonomi, naturalmente è bello avere infrastrutture per il movimento, ma il problema in Europa, dall’altro lato, occupando, lottano solo per tenere questi spazi, e non sono veramente attivi nei movimenti sociali. Bene, ci sono persone che criticano l’attivismo, gente che scrive articoli sul “post-anarchismo”, analizzando la situazione in Grecia, ad esempio, con la popolazione che sta lottando duro da tre anni, sfortunatamente vediamo le persone lottare, ma il governo non sta reagendo, anche se le persone possono organizzarsi per una rivoluzione sociale, cosa viene dopo? Gli attivisti in Russia pensano che se ci fosse una cosa simile, ci sarebbero i carri armati in giro per stabilire un nuovo ordine o cose del genere, e in qualche maniera le persone pensano che non si va da nessuna parte, quindi sono frustrate, ma altri credono realmente in una “rivoluzione permanente”. Oggi, non solo in Russia, la gente sta cercando una nuova via, una nuova idea di antiautoritarismo, che sappia organizzare una vera rivoluzione sociale. Quindi la gente che occupa le strade, le piazze. Qua in Russia le persone pensano che il capitalismo non sia il meglio che ci sia, ma non immaginano un’alterantiva, e gli attivisti politici che cercano un’alternativa, in Europa e Russia, ci sono ma non mostrano ancora delle vie realmente alternative.”